Il tema delle microplastiche è diventato centrale nel dibattito sulla sostenibilità. Se ne parla spesso in relazione agli oceani, ma anche il settore del packaging ha un ruolo importante. Le microplastiche possono derivare da imballaggi di uso quotidiano, in particolare nel comparto alimentare, e finiscono per contaminare aria, acqua, suolo e persino il cibo che consumiamo.
Per chi lavora nella produzione, distribuzione o vendita di prodotti confezionati, è importante capire quali materiali comportano questi rischi e quali alternative adottare per offrire soluzioni sicure e conformi alle normative.
Quali materiali da imballaggio contengono microplastiche e come sostituirli
Le microplastiche si formano quando materiali plastici si degradano in frammenti molto piccoli (inferiori a 5 mm). Possono essere rilasciate già in fase d’uso o smaltimento. Alcuni materiali da imballaggio più soggetti a generarle includono:
- Polietilene (PE) e Polipropilene (PP): Usati in pellicole, vaschette e buste. Col tempo, si degradano in microframmenti, specialmente se esposti a luce e calore.
- PET (Polietilene tereftalato): Comune nelle bottiglie e nei contenitori trasparenti. Anche questo, se disperso nell’ambiente, rilascia microplastiche.
- Polistirene (PS): Usato per contenitori rigidi e vaschette da asporto. È fragile e si frantuma facilmente, generando microresidui.
- Laminati plastici (es. carta plastificata): Spesso presenti in confezioni per alimenti e prodotti da forno. Sono difficili da riciclare e tendono a frammentarsi nel tempo.
Per ridurre il rischio di microplastiche nel packaging, molte aziende stanno passando a materiali naturali, compostabili o riciclabili:
- Carta kraft e cartone: ottimi per imballaggi secondari e primari non a diretto contatto con liquidi o alimenti grassi. Se non plastificati, sono biodegradabili e riciclabili.
- Bagassa: derivata dagli scarti della canna da zucchero. Resistente al calore, adatta a cibi caldi.
- PLA (acido polilattico): plastica vegetale compostabile, ideale per bicchieri e pellicole leggere.
- Film compostabili certificati: utilizzabili in alternativa al classico stretch film o alle buste monouso in plastica.
Ogni materiale va scelto considerando l’uso specifico, la compatibilità alimentare e la disponibilità di filiere di smaltimento adeguate.
Packaging alimentare e microplastiche: rischi e conformità
Nel settore alimentare, il problema delle microplastiche è particolarmente delicato. Alcuni studi recenti hanno rilevato tracce di microplastiche in acqua, sale, miele e persino nella frutta e verdura. Queste particelle possono derivare dal packaging stesso, soprattutto se usato a contatto diretto con alimenti caldi, acidi o grassi.
I rischi principali sono:
- Contaminazione del cibo con frammenti di plastica invisibili;
- Rilascio di sostanze chimiche collegate alla plastica (es. ftalati o bisfenolo A);
- Accumulo nell’organismo umano, ancora poco studiato ma potenzialmente dannoso a lungo termine.
Per evitare questi rischi, le aziende devono attenersi a regolamenti precisi, come:
- Regolamento CE 1935/2004: stabilisce che i materiali a contatto con alimenti non devono trasferire componenti nocivi.
- Regolamento UE 10/2011: riguarda i materiali plastici destinati al contatto alimentare, con limiti su migrazione e composizione.
- Norme compostabilità (EN 13432): nel caso di materiali compostabili, garantiscono l’assenza di residui tossici anche in fase di degradazione.
È fondamentale scegliere fornitori affidabili e richiedere sempre schede tecniche e certificazioni. Le aziende che operano nel B2B devono garantire la conformità dell’intera filiera, dalla produzione alla distribuzione.
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